Sullo yoga

Tanti yoga

Gli antichi testi fanno risalire al dio Shiva, il Motore Immobile al centro dell’universo, la rivelazione all’uomo dello yoga, la cui origine invero si perde nella notte dei tempi. Nel corso dei secoli lo yoga ha assunto varie forme, a stampo più ascetico o più laico, a seconda dei contesti storico-sociali nonché delle varie predisposizioni individuali. Queste diversificazioni non nascevano per capriccio, ma avevano di volta in volta un iter ponderato e fondante che faceva seguito alle meditazioni di mistici, veggenti e santi uomini (vedi il Buddismo Tantrico Mahayana) e spesso erano oggetto di concili e dispute filosofiche.
Così esistono vari tipi di yoga tradizionali, tutti facenti capo a una Verità rivelata, seppur con qualche modifica nel corso dei secoli, ma purtroppo anche una miriade di adattamenti moderni che naturalmente non portano da nessuna parte, e che a volte sono discutibili anche nel loro aspetto prettamente fisico.
A complicare le cose ci si è messo il becero sincretismo new age che ha mischiato elementi di tradizioni diverse, spesso alterandone l’essenza, creando degli ibridi privi di ogni spessore e coerenza interna.
Tutti gli antichi sistemi di yoga, sia quello devozionale (Bhakti) o regale (Raja) o dell’azione pura (Karma) o delle formule (Mantra) o della conoscenza (Jnana) o della potenza (Hatha) sono percorsi di consapevolezza e mezzi per raggiungere la liberazione.
Se assumiamo l’archetipo del labirinto come metafora di questo salvifico viaggio interiore, lo scopo dell’adepto è giungere al centro di esso, seguendo il ‘filo’ della pratica yogica, con l’ausilio della conoscenza (nella versione greca il nome Arianna rimanda alla tela del ragno, e gli antichi trattati indiani hanno la stessa etimologia), al fine di riconoscere ed identificarsi con il vero Sé. D’altronde la parola sanscrita yoga sta ad indicare unione, ricongiungimento.